I nomi epiceni. Una storia d’amore nero

“Non gli passa. È difficile che la collera passi. Esiste il verbo incollerirsi, far montare dentro di sé la collera, ma non il suo contrario. Perché? Perché la collera è preziosa, protegge dalla disperazione. Tre ore prima, nessun uomo al mondo era più felice di lui.”

Amélie Nothomb inizia “I nomi epiceni” senza preamboli inutili. Il protagonista Claude, divorato dalla collera per una delusione amorosa, decide di conoscere Dominique, una donna giovane e ingenua, che sarà lo strumento della sua vendetta. Finge di amarla e la convince a sposarla e a seguirlo a Parigi, dove dopo molto tempo nasce la loro figlia Epicène. Una nascita che cambia tutto, per motivi che al lettore risultano inspiegabili. Come può la nascita di una figlia, che Claude aveva cercato fino a farla diventare quasi un’ossessione, generare freddezza, indifferenza, odio?i nomi epiceni
Le parole chiave di questo romanzo sono odio, collera, vendetta e disperazione. Sono sentimenti molto forti che nella nostra mente hanno sempre una connotazione negativa, a parte la disperazione, forse. Amélie Nothomb racconta una storia crudele, la cui trama è mossa da aspetti dell’animo umano che è sempre faticoso scandagliare. L’autrice non ha paura di addentrarsi negli angoli più crudi della mente e dell’animo umani e lo fa con una grande lucidità, dimostrando di essere capace di una regia impeccabile, a partire dal titolo.
I nomi epiceni” sono i nomi misti, ovvero quelli che possono essere utilizzati per indicare sia il femminile che il maschile. Nomi per certi aspetti ambigui, così come ambigui, o forse sarebbe meglio dire inspiegabili, sono i sentimenti di Claude nei confronti di Dominique e di Epicène. Per tutta la prima parte del racconto, il lettore rimane sospeso, in attesa, in bilico tra le domande che non può evitare di porsi. Quali sono le ragioni del comportamento di Claude mosso all’inizio da un’ossessione che si trasforma in indifferenza e degenera in odio? Amélie Nothomb muove Claude, Dominique ed Epicène su una scacchiera sulla quale si gioca una partita senza esclusione di colpi. Nessuno di loro è protagonista principale di questa storia, perché ciascuno di loro ha un ruolo senza il quale questa partita non si potrebbe giocare. Claude ed Epicène sono prima vittime e poi carnefici; Dominique è la rotella di un ingranaggio perverso. C’è una grande suspence narrativa, che costringe il lettore ad andare avanti e avanti senza fermarsi fino alla fine. “I nomi epiceni” è un romanzo di esplorazione dell’animo umano, una esplorazione che mette in evidenza di che cosa le persone siano capaci. I personaggi di Amélie, di primo acchito, sembrano davvero pure invenzioni, perché mostrano aspetti della natura umana, che tutti fatichiamo un po’ ad ammettere come reali nella normalità del quotidiano. In realtà, la grandezza dell’autrice sta proprio nella sua capacità di insinuare un dubbio inquietante: come sarebbe il mondo senza il velo di perbenismo e buonismo apparenti che lo ricoprono? È una storia giocata sull’ambiguità dei sentimenti, anch’essi epiceni, come i nomi dei protagonisti. Solo il finale, più sconvolgente e inaspettato dell’intreccio stesso, permette al lettore di rispondere alle domande che si generano senza interruzioni dalla prima all’ultima pagina. C’è un detto secondo il quale se rispondere a una domanda è troppo facile, significa che quest’ultima non è una buona domanda. Ebbene, se questa teoria è vera, allora Amélie Nothomb costringe il lettore a porsi solo buone domande, perché le risposte non sono affatto facili da trovare.

Amélie Nothomb, I nomi epiceni, Voland, 2019, pp. 109, € 15.00 (trad. I. Mattazzi)

Cecilia Mattioli

Lavoro con le persone. Amo leggere. Amo scrivere. Provo entusiasmo per qualsiasi cosa mi faccia crescere e non mi stanco mai di imparare

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