La rana bollita. “Ma devo proprio sopportare che sia così?”

Circola una storiella curiosa sulle rane.
Si dice che se ne butti una dentro una pentola d’acqua bollente, d’istinto schizzerà fuori con una zampata per salvarsi la vita. La stessa rana però finirà bollita se la metti in una pentola con l’acqua appena tiepida e la fiamma bassa. All’inizio il tepore sarà addirittura confortevole, ma poi, mano a mano che l’acqua si scalderà, la rana cercherà di adattarsi e si renderà conto del pericolo solo troppo tardi. La temperatura l’avrà resa troppo debole per saltare fuori dalla pentola e, poverella, finirà bollita.

La cosa incredibile delle storielle è che riescono a descrivere, in modo chiaro ma non traumatico e tragico, situazioni che affrontiamo nel quotidiano. Marina Innorta utilizza la storia della rana bollita per iniziare il suo libro al quale addirittura dà proprio questo titolo, “La rana bollita“.la rana bollita libro
Un libro autobiografico, nel quale racconta la sua esperienza con l’ansia e gli attacchi di panico. Un’esperienza che inizia esattamente come per la rana inizia l’esperienza della pentola con l’acqua tiepida: lentamente, attraverso un processo di adattamento progressivo a una situazione che genera sofferenza. Marina non vuole raccontare la storia dell’ansia in generale, ma la sua storia, la sua battaglia con uno stato d’animo che progressivamente si trasforma in patologica. Ancora una volta la metafora che funziona è quella del viaggio.

È la storia di un viaggio alla scoperta dei nostri lati più nascosti, quelli con cui dobbiamo imparare a dialogare per trovare un nuovo equilibrio. Perché l’ansia, a ben pensarci, potrebbe non essere un nemico da combattere. Somiglia di più a un amico un po’ rozzo e maleducato che viene a disturbarti per dirti che c’è qualcosa che non va nella tua vita e che è ora di cambiare.”

Le difficoltà che Marina Innorta incontra sono in effetti poco percepibili almeno all’inizio ed è questa la vera criticità. L’ansia inizia come una sensazione di disagio che si acuisce col tempo e della quale è difficilissimo parlare.

Se avessi avuto un’altra malattia ne avrei potuto parlare, ma questo no, di questo non si parla, se non sottovoce, di tanto in tanto, stando bene attenti a non disturbare.”

C’è quindi un tema di sottovalutazione dei sintomi, di solitudine che deriva dalla mancata possibilità di condivisione e confronto e c’è il rifiuto dell’ammettere che qualcosa non sta più funzionando come dovrebbe.
La rana bollita” è il racconto del percorso che Marina fa e che dura un anno. Un mercoledì di novembre non ce la fa più e si pone la domanda fatidica:

Ma devo proprio sopportare che sia così?

Giramenti di testa, nausea, tremori, svenimenti erano diventati la regola.
Una regola che aveva trasformato la sua vita professionale e personale in qualcosa di insopportabile. Il corpo e la mente mandavano segnali che non potevano più essere ignorati e Marina trova il coraggio di affrontare la sua ansia. Inizia a conoscerla, a identificarne le caratteristiche e decide di reagire. Prendere coscienza dell’ansia, iniziare a chiamarla con il suo nome è il primo passo per tentare di liberarsene. È un percorso difficile da accettare prima, da percorrere poi. È un lavoro lungo esattamente come per la rana che non si ritrova mica bollita in un attimo!
Se è vero che entrare nell’ansia è qualcosa che succede nel tempo, anche uscirne richiede pazienza e determinazione, tanta determinazione.

Adattarsi alle situazioni è ben diverso dal subirle.
Essere adattabili non significa essere succubi. Ribellarsi alle situazioni che non ci fanno stare bene non è segno di debolezza, ma anzi un segno di grande forza. Per decidere di non voler più stare male occorrono la forza di uscire da una situazione conosciuta e il coraggio di orientarsi verso dimensioni nuove che non si conoscono. Decidere non è sempre facile ed è comprensibile che qualche volta ci si arrivi solo quando la situazione è già precipitata. 
Questo libro è utilissimo per chi ha l’ansia, ma anche per chi non ne soffre, perché descrive una storia vera. Marina Innorta ci dimostra come sottovalutare i segnali che ci mandano corpo e mente non sia mai saggio. Dobbiamo tutti imparare ad ascoltarci e dobbiamo avere il coraggio di cambiare ciò che ci fa stare male.

“È un libro scritto dalla parte dei pazienti, perché credo che ci sia bisogno di fare sentire la nostra voce. Raccontare la malattia è terapeutico. Fa bene a chi si racconta, ma fa bene anche a chi legge che si può riconoscere nel vissuto di un altro e sentirsi così compreso e accolto”.

 

M. Innorta, La rana bollita, Createspace Independent Pub, 2017, pp. 224, € 10.38

Cecilia Mattioli

Lavoro con le persone. Amo leggere. Amo scrivere. Provo entusiasmo per qualsiasi cosa mi faccia crescere e non mi stanco mai di imparare

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