Controvento. Storie di viaggi che cambiano la vita
Il viaggio è da sempre anche una metafora. La letteratura di viaggio è addirittura un genere che esiste fin dagli albori della letteratura stessa. Il Milione di Marco Polo è un viaggio, così come Viaggio in Italia di Goethe, Sulla strada di Kerouac, i libri di Tiziano Terzani, o quelli di Paolo Rumiz, solo per citarne alcuni. Ancora prima, in ordine cronologico abbiamo altri esempi famosissimi di viaggi fantastici, come l’Odissea, o allegorici come La Divina Commedia, e poi Il giro del mondo in 80 giorni, il viaggio scommessa raccontato da Verne. Tutti questi sono viaggi in cui il protagonista si sposta da un luogo all’altro, ma
“viaggiare non vuol dire soltanto attraversare il cuore segreto dei continenti. Viaggiare è anche l’uscita dall’infanzia, l’inizio di un’amicizia, la rottura di un legame che credevamo non potesse finire mai. Perché è quando si va oltre che le cose importanti cominciano ad accadere, quando la vita ci mette alla prova e ci svela una parte di noi che prima non conoscevamo.”
Federico Pace nel suo libro Controvento, ci racconta proprio i viaggi che cambiano la vita. Ci racconta come l’interruzione della routine quotidiana, l’andare via, siano i gesti che permettono alle cose di cominciare ad accadere. È la decisione di un attimo, quella con la quale permettiamo alla vita di succedere, che ci consente di cominciare ad essere ciò che siamo e di fare ciò che altrimenti non avremmo mai potuto realizzare. I viaggi che qui Federico Pace ci racconta, sono viaggi che l’antropologia paragonerebbe ai riti di passaggio; sono viaggi che trasformano radicalmente i protagonisti facendoli diventare quello che altrimenti non sarebbero mai stati.
Ci racconta il viaggio dell’architetto Oscar Niemeyer, che parte per andare verso una città che non c’è e che lui progetta e costruisce, esattamente come fece Alessandro Magno; il viaggio di Paul Gauguin che parte per riuscire a liberarsi della civiltà e tornare alle origini, all’arcaico; la fuga di Joni Mitchell come tentativo di reagire alla fine di un amore. Ancora, il viaggio di Albert Einstein sull’oceano, che Pace definisce “un abisso sopra un altro abisso”, per sfuggire alla persecuzione nazista; la corsa insonne di Keith Jarrett in macchina verso Colonia o il viaggio a piedi di Vincent Van Gogh che
“è all’aria aperta che andava a cercare la luce dei suoi quadri, è all’aria aperta che fuggiva ogni volta che i pensieri gli esplodevano nella testa, è all’aria aperta che trovava i colori, quei colori che rapiscono e catturano, che rendono febbrile e viva la tela dei suoi quadri, più ancora della natura stessa, più ancora della vita stessa.”
Ma c’è anche il viaggio di José Matada che, nel settembre 2012, riuscì ad arrivare fino all’aeroporto di Luanda per salire su un qualsiasi aereo che lo portasse via, lontano. “All’aeroporto era notte fonda. Era da solo. Non c’era nessuno dei suoi amici.” Non aveva il biglietto, perché nessuno gli avrebbe permesso di comperarlo.
“Doveva forse attraversare anche lui quel deserto infinito che lo avrebbe portato a morire su una carretta in mezzo al Mediterraneo? Fece dei passi rapidi per non farsi notare, poi, ancora più rapidamente, si nascose nell’unico posto che gli fu concesso. Entrò nel vano delle ruote di atterraggio e si infilò dentro.”
Un viaggio la cui fine è intuibile, ma che l’autore ci racconta in un modo che fa venire i brividi dalla commozione.
Vorrei citare un ultimo esempio di viaggio, quello di María Zambrano. Lo definisce
“Rapido e fugace. Ripetuto e inatteso. Il primo viaggio. La dimensione è domestica. Avvicina al mondo dell’altro in un modo tutto nuovo, che non si poteva ancora immaginare.”
Avete indovinato? È il viaggio che ogni bimbo compie quando viene preso in braccio da un genitore, madre o padre che sia. Non so voi, ma io non avevo mai pensato a questo gesto come a un viaggio e lo trovo incredibilmente poetico.
È un libro molto bello che contiene viaggi affascinanti, ma anche durissimi. Viaggi che creano legami e battaglie, distacchi e avvicinamenti, origini e mutazioni, attese e ritorni, lacerazioni e riconquiste. Non cito a caso queste categorie: sono quelle che Pace sceglie per raggruppare i viaggi che ci racconta.
Un’ultima curiosità. Vi ricordate il romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino? In quel caso i titoli dei dieci capitoli, più una frase aggiuntiva, formavano l’inizio di un altro romanzo: «Se una notte d’inverno un viaggiatore, fuori dell’abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l’ombra s’addensa in una rete di linee che s’allacciano, in una rete di linee che s’intersecano sul tappeto di foglie illuminato dalla luna intorno a una fossa vuota – Quale storia attende laggiù la fine? – chiede, ansioso d’ascoltare il racconto.». Ebbene, con il libro di Federico Pace potete provare a giocare allo stesso modo con i titoli dei viaggi: Nostalgia della foresta / Dove il fiume scompare / Tutto il tempo di una vita / Prime forme di una personalissima battaglia / con Quel fiore tra le mani / Senza cadere dai fili della curiosità / …
Un libro che è un viaggio fatto di viaggi, in cui giocare con i titoli fa iniziare altri viaggi. Geniale, semplicemente geniale.
F. Pace, Controvento. Storie e viaggi che cambiano la vita, Einaudi, 2017, pp. 184, € 14.00