Il magico potere del fallimento. Perché la sconfitta ci rende liberi

Il magico potere del fallimento è scritto dal filosofo francese Charles Pépin. Un libro decisamente contro corrente, vista l’esasperata tensione alla visibilità e al successo alla quale siamo sottoposti dalla e nella società in cui viviamo.
La domanda è: “Siamo davvero sicuri che il segreto della felicità sia il successo?” Può anche essere, almeno per alcune persone. La tesi che sostiene l’autore di questo libro è che

non c’è storia di vera crescita che non sia stata costruita attraverso errori, sconfitte, delusioni”.

Una tesi decisamente liberatoria, soprattutto per noi europei che siamo abituati a dare al fallimento una connotazione negativa, da biasimare, da nascondere. Dico noi europei, perché l’atteggiamento degli americani nei confronti del fallimento è decisamente meno demonizzante e lo dimostra il fatto che la maggior parte degli esempi riportati di persone che sono diventate grandi attraverso importanti sconfitte è costituita da americani. Steve Jobs, Lincoln, Ray Charles, J. K. Rowling, Rafa Nadal, David Bowie, sono solo alcuni degli esempi di persone che sono diventate se stesse solo accettando il loro fallimento.il magico potere del fallimento
Pépin sostiene che il fallimento è un modo per imparare più rapidamente di quanto non succederebbe se non subissimo mai battute d’arresto. Ed è anche un modo per mettere alla prova la nostra volontà, il nostro carattere.

Sperimentare il fallimento significa mettere alla prova il proprio desiderio e rendersi conto che può essere più forte di ogni avversità”.

Insistere a perseguire i propri sogni, anche a costo di ripetute sconfitte, significa che l’obiettivo è davvero importante, è davvero ciò che desideriamo a qualsiasi prezzo.
Accettare il fallimento richiede grande umiltà, ma soprattutto significa entrare in contatto con i propri limiti ed essere consapevoli che la vittoria richiede dedizione, perseveranza, coraggio, chiarezza di intenti, determinazione.

Cosa occorre fare perché la nostra esistenza sia riuscita? Non avere punti deboli? O avere punti di forza?

Osare significa osare il fallimento. Sì, perché non avere il coraggio di fallire significa rassegnarsi a vivere solo a metà. Decisione e scelta non sono affatto la stessa cosa. Decidere significa andare oltre l’evidenza della razionalità e fidarsi del proprio intuito. Dobbiamo decidere quando ciò che sappiamo non è sufficiente ad indicarci l’opzione migliore. Scegliere, invece, è semplicemente attenersi alla logica, avendo a disposizione tutte le informazioni necessarie per individuare ciò che è meglio. O, per dirla con Aristotele, la decisione è arte, la scelta è scienza.

Osare non è una dote innata; si può essere più o meno predisposti, ma la verità è che si può imparare seguendo quattro direttrici:

  • accrescere la propria competenza
  • ammirare l’audacia degli altri
  • non peccare di perfezionismo
  • ricordare che il fallimento privo di audacia è particolarmente doloroso

La scuola è la prima realtà che inculca, in modo sistematico, la negatività del fallimento oltre al fatto che continua negare la funzione ‘strumentale’ del sapere.

Una conoscenza non ha valore in quanto tale, ma relativamente a ciò che potrà cambiare nella vita di una persona”.

La definizione più vera e più lontana dalla scuola italiana.
Abbiamo detto che il fallimento serve ad apprendere più velocemente, è una battuta d’arresto che coincide spesso con un’opportunità straordinaria, ci consente di mettere alla prova i nostri desideri per capirne l’importanza, ci dà la possibilità di riflettere su noi stessi per reinventarci, ci consente di apprezzare molto di più i successi, una volta che riusciamo a raggiungerli.
Non sarà una apologia eccessiva del fallimento? Davvero il fallimento non ha nulla di negativo o di inutile? Pépin risponde a queste domande in modo fantastico, citando un altro interrogativo di Michel Serres:

Riuscite ad immaginare un ragno che non sia in grado di tessere la tela?

La risposta è ovvia; il ragno non può fallire, perché non può fare altro che obbedire al codice della propria natura. Qui sta il vero valore antropologico, sociologico e filosofico del fallimento: l’animale non può sbagliare, l’uomo sì. Non solo l’uomo è l’unico animale che fallisce, ma ha bisogno di fallire per crescere. Basti dire che un bambino cade mediamente duemila volte prima di riuscire a camminare!

C. Pépin, Il magico potere del fallimento. Perché la sconfitta ci rende liberi, Garzanti, 2017, pp. 180, € 15.00

Cecilia Mattioli

Lavoro con le persone. Amo leggere. Amo scrivere. Provo entusiasmo per qualsiasi cosa mi faccia crescere e non mi stanco mai di imparare

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