Il gattopardo. Un grande classico della letteratura

Se abbiamo l’opportunità di leggere il Gattopardo, è solo merito di Giorgio Bassani che, avendone intuito il valore, ha fatto sì che Feltrinelli lo pubblicasse postumo nel 1958, dopo che una prestigiosa casa editrice lo aveva rifiutato, perché mediocre e di nessun interesse. Tomasi di Lampedusa lo scrisse in pochi mesi, quasi di getto, tra il 1955 e il 1956. Le vicende sono quelle della Sicilia al tempo dell’unificazione dell’Italia, dal 1860 al 1910 anche se la parte principale del romanzo si svolge durante lo sbarco dei garibaldini in Sicilia con la susseguente unificazione d’Italia. il gattopardoIl protagonista, che è anche l’io narrante, è un nobile principe siciliano, Don Fabrizio Salina, la cui casata porta come emblema sullo stemma un gattopardo. La stirpe dei Salina è in declino. La famiglia sta perdendo progressivamente i propri possedimenti, la tradizionale società feudale siciliana si sta sfaldando, la classe dei nobili è destinata a sparire, mentre avanzano sulla scena sociale volgari borghesi che si arricchiscono grazie alla propria grezza energia vitale, ai traffici commerciali e alla mancanza di scrupoli.


“Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio.

Con queste parole, il principe Salina dimostra di aver percepito come il cambiamento sia solo apparente. Lo sa Don Fabrizio e lo intuisce anche il nipote Tancredi, un giovane rampante, squattrinato e ambizioso, che nonostante la sua appartenenza aristocratica, non esita ad arruolarsi nelle file dei garibaldini e a sposare Angelica Sedàra, la figlia del sindaco di Donnafugata, plebeo e per nulla all’altezza del loro rango nobiliare. Matrimonio che garantisce a Tancredi un’importante carriera politica a spese della moglie dotata di un ingente patrimonio. Di Tancredi è l’affermazione che contiene anche la chiave di lettura dell’intero romanzo:

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.

Proprio questo succede in Sicilia, cambia tutto, ma tutto rimane esattamente com’è. I Garibaldini decretano la fine dei Borboni, ma nell’isola non cambia nulla. Il senso del progressivo degrado dei valori e delle condizioni nobiliari sta nelle vicende dei Salina, raccontate da Don Fabrizio. La scelta del gattopardo sullo stemma di famiglia è dettata dalla volontà del Principe di farsi percepire agile e forte, ma la concezione che il protagonista ha della vita è ben altra. Nessuna illusione, nessuna fiducia in un futuro che non è in grado di portare un reale progresso. Ciò che è, lo è da sempre e lo sarà per sempre, una specie di eterno presente doloroso e immutabile.
Un romanzo che ha avuto e continua ad avere fasi alterne di grande fortuna e di oblio; è stato molto contestato, probabilmente perché non inquadrabile in un ambito tematico chiaro e univoco. Per alcuni è addirittura un’opera incompiuta.
Al di là di qualsiasi giudizio, io credo sia un capolavoro letterario senza tempo. È un meraviglioso affresco della Sicilia dell’epoca, ma è anche una profonda lettura della condizione umana non solo dell’epoca. I valori e i sentimenti espressi dalla voce narrante del protagonista vanno ben al di là di una situazione contingente. La riflessione sugli amori, le delusioni, le ideologie, le relazioni riguardano la condizione e il modo di essere di tutti, ieri, oggi e, forse, anche domani. Il Gattopardo ha una trama che si colloca in uno spazio temporale ‘situato’, ma esprime contenuti che non credo di esagerare nel definire universali. Vorrei anche soffermarmi sullo stile con cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa ha scritto questa opera. È senza alcun dubbio uno stile elaborato, caratterizzato da una narrazione fluida e perfettamente in grado di cambiare il registro narrativo per adattarsi al contesto. Ci sono lunghi momenti descrittivi, meravigliosi. Il lessico è curatissimo e nessuna parola è casuale. Tomasi di Lampedusa sceglie con grande attenzione le immagini che vuole restituire al lettore, perché anche la percezione del paesaggio, degli ambienti, delle stanze, dell’abbigliamento dei personaggi, delle situazioni nelle quali si trovano è parte integrante e funzionale alla comprensione di ciò che accade o che dovrebbe accadere. La percezione degli stati d’animo passa attraverso ‘la scenografia’ nella quale lo scrittore, proprio con la sua abilità narrativa e descrittiva, inserisce noi lettori. È una scrittura davvero molto visiva, capace di imprimere nella mente del lettore un ritmo narrativo lento o più sostenuto a seconda del momento.

È classico ciò che tende a relegare l’attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno

Se accettiamo questa definizione che Calvino dà di ‘classico’ il Gattopardo lo è, senza ombra di dubbio.

G. Tomasi di Lampedusa, il gattopardo, Feltrinelli, 2013, pp. 299, € 9.50

Cecilia Mattioli

Lavoro con le persone. Amo leggere. Amo scrivere. Provo entusiasmo per qualsiasi cosa mi faccia crescere e non mi stanco mai di imparare

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